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Milano
nullità fideiussione bancaria avvocato Wolfango Ruosi

LA NULLITÀ “CONGENITA” DELLE FIDEIUSSIONI BANCARIE

Lo schema contrattuale delle fideiussioni bancarie può essere minato nella propria validità da una grave irregolarità, che può rendere inoperante la garanzia

di avv. Wolfango Maria Ruosi e Dott.ssa Alessandra M. Russo

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TRUSTS & WEALTH MANAGEMENT JOURNAL – N. 6 DICEMBRE 2020 
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1. La recente giurisprudenza del Tribunale di Milano (ma non solo), ci dà l’occasione per affrontare un problema di interesse per tutti coloro che hanno rilasciato garanzie personali alle banche. Il problema per il garante emerge quando le banche escutono la garanzia, ma nulla vieta, anzi è consigliabile, affrontare il problema prima che giunga tale momento, onde verificare la validità della garanzia stessa: aver firmato un documento proveniente da un istituto di credito non è, per ciò solo, sinonimo di validità.

In questo articolo, ci occupiamo delle fideiussioni, che sono state rilasciate a favore delle banche a garanzia di mutui, prestiti, esposizioni bancarie contratte da società. Molti avranno notato che il testo delle fideiussioni è pressoché identico, anche se proveniente da banche differenti: stesse condizioni, stesse clausole, stessi doveri, stessi limiti e rinunce. Ciò è dovuto al fatto che nell’anno 2002, l’ABI predispose per i propri associati uno schema contrattuale, contenente clausole pensate per la loro tutela, piuttosto che per quella dei garanti.

La conseguenza è che, negli ultimi vent’anni, sono state fatte sottoscrivere garanzie fideiussorie uniformi, proprio perché gli istituti di credito adottarono il suddetto modello. In altre parole, se si aveva bisogno di una fideiussione, rivolgersi a una banca, piuttosto che ad un’altra, non avrebbe modificato le condizioni contrattuali: non c’era possibilità di scelta.

Senza troppo clamore, Banca d’Italia (alla quale, fino alla modifica apportata dalla L. n. 262 del 2005, spettavano le funzioni di Autorità Garante della concorrenza tra istituti creditizi) si mosse al fine di verificare se il suddetto schema e, soprattutto, l’adozione condivisa del suddetto schema, potesse configurare un’intesa restrittiva della concorrenza. L’esito fu il provvedimento n. 55, del 2 maggio 2005, con cui Banca d’Italia dichiarò il carattere anticoncorrenziale del testo “tipo”, predisposto dall’ABI. Si tratta di un provvedimento antitrust definitivo, con efficacia di giudicato, che non può più essere messo in discussione, che ha sancito l’anticoncorrenzialità dell’intesa tra banche associate all’ABI. Tale schema è stato ritenuto idoneo a determinare, attraverso la standardizzazione contrattuale, una situazione di uniformità lesiva della tutela della concorrenza.

2. Perché si verifichi tale effetto è necessario che ricorrano nelle fideiussioni tre fattori essenziali, ossia la presenza di tre clausole, che insieme costituiscono la causa invalidante. 

Le clausole sono state individuate negli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale ABI: si tratta, nell’ordine, della clausola di reviviscenza, in forza della quale il fideiussore si obbliga “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”; della clausola di rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c., secondo cui il fideiussore rimane obbligato nei confronti della banca “fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato”; della clausola di sopravvivenza della fideiussione, la quale prevede che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate.

Se le tre clausole sopra trascritte ricorrono nella fideiussione, questa è invalida, nei modi e per i motivi di seguito esposti.

Nullità ex art. 2, L. 287/1990: dall’intesa “a monte” al contratto “a valle”

3. In diverse pronunce, alcune delle quali attinenti specificamente alla materia qui trattata (Cass., sez. I, n. 13846/2019; Cass., sez. I, ord. n. 29810/2017), la Suprema Corte ha stabilito che la violazione dell’art. 2 della Legge a tutela della concorrenza e del mercato, consumatasi a monte nella predisposizione e nell’adozione uniforme di uno schema contrattuale restrittivo della concorrenza, determina “a cascata” la nullità dei contratti stipulati a valle in conformità al suddetto schema. 

Sulla base di tale orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, possiamo affermare che i contratti di fideiussione redatti sul modello ABI sono nulli. Nullità che si estende anche a quei contratti stipulati anteriormente al provvedimento della Banca d’Italia (purché uniformi).

Si tratta di vedere, ora, se la nullità colpisca l’intero contratto fideiussorio (nullità totale) o soltanto alcune clausole (nullità parziale). Sul punto si riscontrano nella giurisprudenza due orientamenti differenti.

Nel primo caso, tutto il contratto si considera come mai stipulato, nel secondo caso si considerano non applicabili le clausole colpite dalla nullità, che sono le clausole sopra individuate. Indipendentemente dalla conclusione a cui si può giungere (le cui motivazioni richiederebbero una più articolata e approfondita motivazione), si può ritenere che per il fideiussore il risultato potrebbe sortire i medesimi effetti (laddove emerga l’inadempimento della banca).

Eliminate le clausole censurate dalla Banca d’Italia dal contratto, tornerà a trovare applicazione la disciplina generale della fideiussione prevista dal codice civile. In particolare:

  • la banca non potrà rivalersi sul fideiussore nel caso in cui i pagamenti da questa incassati per le obbligazioni garantite dovessero essere annullati, dichiarati inefficaci o revocati (clausola di reviviscenza);
  • – perché il fideiussore rimanga obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione garantita (ad esempio, la mancata restituzione alla banca dell’importo finanziato da parte del debitore principale), è necessario che la banca abbia proposto le sue istanze contro il debitore principale entro sei mesi da tale scadenza e le abbia continuate con diligenza o entro due mesi, se il fideiussore aveva espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell’obbligazione principale (clausola di rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c.);
  • in caso di invalidità del rapporto principale (finanziamento, mutuo, ecc.), questa travolge anche l’obbligazione del fideiussore, dato il suo carattere accessorio (clausola di sopravvivenza della fideiussione).

4. In generale, il diritto di far valere la violazione delle norme a tutela della concorrenza spetta non soltanto alle imprese concorrenti tra loro, ma anche al singolo individuo, in quanto a sua volta danneggiato da tale comportamento. La giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, da tempi ormai risalenti, si è espressa nel senso che la nullità che colpisce l’accordo originario (nel nostro caso il “modello” ABI), si riflette anche sugli atti che ne rappresentano l’esplicazione diretta, quali i contratti che hanno recepito tale modello, con la conseguenza che, sia l’intesa originaria a monte, sia la sua esplicazione a valle, sono per legge inopponibili agli utenti finali.

Tale principio trova origine nel diritto comunitario a tutela della concorrenza, che ha efficacia diretta nei singoli Stati e crea automaticamente diritti in capo ai singoli soggetti, che il giudice nazionale deve tutelare in forza del primato del diritto comunitario. Non si tratta di una scelta discrezionale, ma di un dovere volto a fornire una tutela effettiva.

Onere della prova del fideiussore: utilizzo uniforme dello schema ABI o corrispondenza al modello ABI 

5. La nullità, perché possa essere valutata dal giudice, deve essere eccepita e si deve dar prova dei motivi sottesi alla nullità stessa. Vero è, che la nullità, in quanto tale, è rilevabile d’ufficio dal giudice, in ogni stato e grado del processo, ma l’onere probatorio spetta alla parte che la eccepisce.

Anche in questo caso, la soluzione la troviamo nella giurisprudenza di legittimità, secondo la quale il fideiussore, che voglia ottenere la declaratoria di nullità, non dovrà, come sostiene invece qualche voce isolata nella giurisprudenza di merito, provare l’utilizzo uniforme dello schema ABI da parte della banca, ma dovrà dimostrare la coincidenza oggettiva delle condizioni contrattuali pattuite con quelle di cui agli artt. 2, 6 e 8 del modello ABI. Riscontrata la conformità, opererà la presunzione che l’adozione da parte della banca di tale modello, è conseguenza dell’intento distorsivo della concorrenza, già definitivamente accertato e sanzionato da Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005, di cui si è detto sopra.

6. La tesi maggiormente accolta dalla giurisprudenza è quella della nullità parziale. Da ciò consegue che è necessario verificare, caso per caso, la presenza delle suddette clausole nel contratto di fideiussione, eccependone, all’occorrenza, la nullità. In caso di accoglimento, troveranno applicazione le norme del codice civile, che regolano la materia, in modo più bilanciato tra i reciproci interessi del garante e del garantito. L’accoglimento della domanda di nullità comporta anche il diritto al risarcimento dei danni, se patiti e se provati.

Studio WMR

Avv. Wolfango M. Ruosi

Dott.ssa Alessandra M. Russo