Milano
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Gli indicatori che fanno scattare l’allarme della crisi d’impresa

L’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile dell’impresa sono indicatori che fanno scattare l’allarme ai fini della rilevazione tempestiva dello stato di crisi dell’impresa

di avv. Wolfango Maria Ruosi
e dott.ssa Alessandra Russo

1. Con il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (di seguito, CCI), di cui al d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, il Legislatore italiano, sotto la spinta dell’Unione Europea, ha voluto perseguire un preciso obiettivo: assicurare che, nel caso in cui un’impresa si trovi in stato di crisi, questo venga rilevato tempestivamente, così da procedere alla sua eliminazione, prima che degeneri nello stato di insolvenza ed evitare che venga messa a rischio la continuità aziendale. 

Per raggiungere tale obiettivo, il Legislatore ha introdotto in capo alle imprese l’obbligo di strutturarsi adeguatamente.

Sebbene, a causa dell’emergenza COVID19, l’entrata in vigore del CCI sia stata più volte rimandata, da ultimo al 21 settembre 2021, è opportuno che gli imprenditori non aspettino tale data per approcciarsi alle nuove disposizioni, ma al contrario inizino subito a prenderne dimestichezza, poiché le novità non sono di poco conto e potrebbero richiedere lunghi tempi per adeguarsi. Per alcuni imprenditori, in particolare le PMI, tale normativa potrebbe persino favorire una nuova visione imprenditoriale. 

Peraltro, alcune disposizioni del CCI, in particolare quelle che hanno novellato il Codice Civile e i doveri da esse introdotti, sono già in vigore dal 16 marzo 2019

2. Partendo da queste ultime, l’art. 375 CCI, con l’aggiunta del comma 2 dell’art. 2086 cod. civ., ha introdotto l’obbligo per l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, di “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. All’interno della macchina societaria, l’organo deputato a adempiere a tale obbligo è l’organo gestorio, ossia gli amministratori, i quali, nell’eventualità in cui si verifichi una situazione di dissesto della società, potrebbero essere chiamati a rispondere verso di essa dei danni derivanti dall’inosservanza di tale obbligo.

Quanto all’imprenditore individuale, il Legislatore ha riservato ad esso un trattamento parzialmente diverso: l’art. 3, comma 1, del CCI impone ad esso il dovere di “adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte”. Diversa è la decorrenza del dovere, non ancora entrato in vigore; diversa è anche la portata, in ragione della maggiore semplicità della forma d’impresa, con uno sforzo strutturale minore di quello richiesto all’imprenditore collettivo

3. Conferma del maggiore sforzo richiesto all’imprenditore societario si ha laddove si consideri l’ulteriore importante novità introdotta dal CCI: la procedura di allerta interna di cui all’art. 14 CCI, che trova applicazione solo per le imprese societarie (escluse le categorie di imprese di cui all’art. 12, commi 4 e 5, CCI, tra cui le grandi imprese, le società con azioni quotate o diffuse fra il pubblico in misura rilevante, le imprese operanti nel settore bancario o finanziario) e non anche per l’imprenditore individuale.

I soggetti protagonisti di tale procedura sono gli organi di controllo societari (collegio sindacale o sindaco unico), il revisore contabile e la società di revisione, soggetti la cui esistenza all’interno dell’organizzazione imprenditoriale è obbligatoria per legge solo nelle società di capitali.
Mentre per le S.p.a. e le S.a.p.a., l’istituzione dell’organo di controllo è sempre obbligatoria; nelle S.r.l., invece, tale obbligo sussiste solo in talune ipotesi previste dall’art. 2447 cod. civ.. 

Quest’ultima disposizione è stata modificata dal CCI al fine di ampliare il novero delle S.r.l. tenute a dotarsi dell’organo di controllo. In particolare, il Legislatore è intervenuto sul terzo criterio individuato da tale disposizione, abbassando in maniera significativa il valore dei parametri da essa indicati. Saranno obbligate a nominare l’organo di controllo anche le S.r.l., che per due esercizi consecutivi abbiano superato almeno uno dei seguenti limiti: 

  1. totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro (prima, 4 milioni di euro);
  2. ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro (prima, 4 milioni di euro);
  3. dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità (prima, 20 unità).  

In virtù di questi nuovi parametri, si prevede un aumento importante del numero di S.r.l. che saranno tenute a dotarsi dell’organo di controllo, che dovrebbero passare dall’attuale 3% circa al 35%. (Dalla memoria della Banca d’Italia sullo Schema di decreto legislativo recante Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155, presentata al Senato della Repubblica il 26 novembre 2018). 

Sebbene tale modifica sia già entrata in vigore il 16 marzo 2019, il Legislatore, consapevole dei tempi e dello sforzo necessari, ha concesso alle S.r.l., già costituite a tale data, un termine maggiore per conformarsi al sopravvenuto obbligo di nomina dell’organo di controllo, individuato da ultimo nella data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2021. Scaduto tale termine, senza che la società si sia dotata dell’organo di controllo, provvederà il Tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o su segnalazione del Conservatore del registro delle imprese.

4. Con tale procedura, il Legislatore ha attribuito agli organi di controllo societari nuovi oneri di vigilanza sull’organo amministrativo. In particolare, questi dovranno:

  1. verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, che l’assetto organizzativo dell’impresa sia adeguato, che sussista l’equilibrio economico finanziario e quale sia il prevedibile andamento della gestione;
  2. qualora rilevino l’esistenza di fondati indizi della crisi, darne immediata segnalazione allo stesso organo amministrativo, fissando a questo un congruo termine, non superiore a trenta giorni, per riferire in ordine alle soluzioni individuate e alle iniziative intraprese per porre rimedio allo stato di crisi;
  3. in caso di omessa o inadeguata risposta dell’organo amministrativo, ovvero di mancata adozione nei successivi sessanta giorni delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi, informare senza indugio il competente organismo di composizione della crisi d’impresa (di seguito, OCRI), fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni.

Questi nuovi compiti attributi agli organi di controllo societari comportano una profonda innovazione del ruolo tradizionalmente riconosciuto loro dal diritto societario. Sinora questi organi si sono limitati a svolgere un mero controllo successivo e di legittimità formale dell’operato dell’organo amministrativo. Adesso, invece, ai fini dell’allerta, sono chiamati ad effettuare un controllo costante e che coinvolge anche il merito dell’operato dell’organo amministrativo: gli organi di controllo societari diventano a pieno titolo un necessario interlocutore dell’organo amministrativo nella fase di definizione e predisposizione degli strumenti idonei a rilevare tempestivamente la crisi e nella fase di insorgenza e gestione della crisi. 

A maggiori poteri corrisponde maggiore responsabilità: in caso di mancata tempestiva segnalazione all’organo amministrativo e, laddove necessario, all’OCRI, l’organo di controllo sarà ritenuto responsabile, in solido con l’organo amministrativo, per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o delle azioni successivamente poste in essere da quest’ultimo organo.Di contro, a tutela dell’organo di controllo e per evitare che la sua diligenza possa essergli di pregiudizio, il Legislatore ha disposto che la segnalazione da questi effettuata, non può costituire giusta causa di revoca dall’incarico. 

5. Stabilito che l’organo amministrativo deve adottare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato e che l’organo di controllo societario deve verificare che lo faccia, la questione che adesso si pone è capire cosa si intenda con tali definizioni. 

La definizione di tale assetto non è codificata. La risposta è rinvenibile nella prassi aziendalistica: difatti, quelli che oggi, con il CCI, diventano per le imprese strumenti necessari ex lege, sono in realtà elementi presenti già da tempo nella prassi aziendale, soprattutto delle grandi imprese.

Se guardiamo a queste grandi realtà, all’interno di esse, è possibile individuare un preciso organigramma, che esprime in maniera chiara quali siano i poteri, le funzioni e i compiti spettanti ai vari soggetti, che intervengono nella vita aziendale, assicurando che ai poteri attribuiti corrispondano appropriati livelli di competenza e responsabilità. Tale organigramma non costituisce una mera enunciazione di principio, ma riflette quello che è il reale andamento della vita imprenditoriale.

A questo assetto organizzativo, generalmente si affianca un assetto amministrativo-contabile, che, attraverso un apposito sistema di pianificazione e controllo della gestione e dei relativi rischi, è in grado di fornire a chi, all’interno dell’impresa, detiene il potere decisionale, delle informazioni sul prevedibile andamento della gestione, che consentono a questi ultimi di fare le scelte più adeguate al raggiungimento degli obiettivi, nonché di individuare eventuali segnali di crisi e di attivare tempestivamente le opportune azioni correttive. Quanto alla predisposizione del sistema di pianificazione e controllo, questa è attribuita a figure professionali dotate di specifiche competenze, talvolta interiorizzate, altre volte esterne all’impresa.

Questi elementi sono sempre presenti all’interno delle grandi imprese, in quanto costituiscono condizioni imprescindibili per una buona governance.

La situazione è diversa, invece, all’interno delle PMI: qui, spesso, non si ha una ripartizione chiara di poteri, compiti e relative responsabilità e le scelte sulla gestione vengono prese “a sentimento”, a causa della frequente riluttanza di taluni imprenditori ad adottare sistemi di pianificazione e controllo di gestione, visti più come un limite, piuttosto che un’opportunità. Ora, è il Legislatore ad imporlo. 

Determinante diventa la figura del consulente d’impresa, che dovrà affiancare gli amministratori, spesso privi delle competenze necessarie, nella predisposizione di un sistema organizzativo, amministrativo e contabile adeguato, anche in funzione della prevenzione della crisi d’impresa. 

6. Sorge, a questo punto, una riflessione conclusiva. Il Legislatore, con il CCI, ha adottato un modello su disposizioni di fonte europea. Se guardiamo al tessuto tipico imprenditoriale italiano, risulta evidente la lontananza di esso dal modello richiesto: basta dire che quasi la totalità delle imprese italiane sono PMI e di queste oltre il 90% sono imprese piccole o piccolissime. 

In un periodo di estrema difficoltà economica, come quello attuale, l’impatto conseguente all’adozione di queste norme “strutturali” e “procedurali” non sarà indolore. E’ prevedibile che molte imprese italiane si troveranno a fare i conti con lo “stato di crisi”, ma una volta completata l’entrata in vigore del CCI, quali saranno le conseguenze sulla continuità aziendale? Senza voler scadere in pessimistiche visioni, è ragionevole pensare che, prima ancora di iniziare ad operare, il rischio di un “assembramento” di procedure presso l’OCRI non sia poi un’ipotesi del tutto remota. 

Avv. Wolfango M. Ruosi

Dott.ssa Alessandra Russo