Se la composizione negoziata della crisi non va a buon fine, ecco il piano “B”
Il concordato liquidatorio semplificato disciplinato dal dl n. 118/2021
di avv. Giulia Pianca
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1. Come già abbiamo avuto modo di spiegare nelle precedenti Newsletter (presenti nel nostro sito), il D.L. n. 118/2021 ha introdotto il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi. In estrema sintesi, tale istituto rappresenta un procedimento che mira a prevenire la crisi o l’insolvenza aziendale, il tutto affiancando all’imprenditore un esperto indipendente, il quale ha il compito di avviare le trattative con tutti gli interessati (ossia i creditori) e di individuare una soluzione per il superamento dello stato di insolvenza e permettere la continuità aziendale.
Ma cosa succede se le trattative condotte dall’esperto non vanno a buon fine? Che possibilità ha l’imprenditore qualora non risultassero percorribili le soluzioni “risanative”, ossia non fosse possibile addivenire alla stipula di un contratto volto alla continuità aziendale, oppure di una convenzione di moratoria o di un accordo con effetti assimilabili al piano attestato di risanamento, ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall.?
Il D.L. n. 118/2021 ha introdotto una risposta a tale domanda, disciplinando il concordato liquidatorio semplificato. Si tratta di una procedura, per l’appunto, semplificata, che si diversifica per la celerità e la minor onerosità. Vendiamo più nel dettaglio di cosa si tratta.
2. Le caratteristiche del concordato liquidatorio semplificato
La procedura si avvia con una proposta di concordato, da presentarsi entro 60 giorni dalla comunicazione della relazione negativa dell’esperto nominato per la composizione negoziata.
La proposta dovrà prevedere un concordato con cessione di beni, che disponga la liquidazione del patrimonio dell’impresa. La proposta verrà poi comunicata al pubblico ministero ed iscritta nel registro delle imprese. Dal momento della pubblicazione si avranno i seguenti effetti: (i) si applicheranno le regole di cui all’art. 111 della legge fallimentare, per la distribuzione di somme relative a crediti prededucibili, crediti assistiti da prelazione e crediti chirografari; (ii) l’amministrazione e l’esercizio ordinario dell’impresa verranno conservati dall’organo amministrativo; (iii) i creditori anteriori all’iscrizione del ricorso non potranno iniziare e/o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio dell’impresa debitrice, né acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori già concorrenti, salvo espressa autorizzazione da parte del giudice; (iv) per quanto non espressamente previsto, si applicheranno le norme richiamate dall’art. 169 della legge fallimentare (in tema di concordato preventivo).
Ciò che caratterizza l’istituto (e lo differenzia dai concordati disciplinati dalla legge fallimentare) è l’assenza di un preventivo giudizio di ammissione e di un voto da parte dei creditori (i quali, mantengono il diritto di opporsi alla omologazione), inoltre non vi sono figure quali l’attestatore e il commissario giudiziale, i cui compiti sono in parte assolti dall’esperto e da un ausiliario nominato dal Tribunale.
3. La procedura del concordato semplificato
L’iter procedimentale prevede che l’imprenditore sia affiancato da un esperto, il quale è tenuto a redigere la relazione finale ed esprimere il parere in merito ai presumibili risultati della liquidazione prospettata dal debitore. Il Tribunale si limita a verificare la regolarità formale della proposta e una volta acquisiti la relazione finale ed il parere dell’esperto sui presumibili risultati della liquidazione, fissa l’udienza per l’omologa del concordato e nomina un ausiliario, il quale è chiamato unicamente a redigere un parere sulla fattibilità del piano liquidatorio.
La relazione dell’esperto ed il parere dell’ausiliario vengono comunicati, a cura dell’impresa debitrice, ai creditori risultanti dall’elenco che l’impresa ha inserito nella piattaforma telematica (creata al momento in cui è stata presentata l’istanza di nomina dell’esperto per la composizione negoziata della crisi). L’udienza di omologazione dovrà tenersi non prima che siano trascorsi 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento e avverso la stessa i creditori e qualsiasi interessato potranno proporre opposizione.
Il Tribunale procede con l’omologa del concordato nel caso in cui: (i) i pagamenti ai creditori siano previsti nel rispetto dell’ordine delle cause di prelazione; (ii) il piano di liquidazione risulti fattibile; (iii) la proposta non pregiudichi i creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare ed assicuri un’utilità a ciascun creditore (ma senza alcuna soglia minima fissa). Acquisisce importanza, dunque, l’assenza di danno per i creditori, da verificare con una sorta di comparazione tra scenari, quello della liquidazione giudiziale semplificata e quello alternativo fallimentare.
Il decreto di omologa è immediatamente esecutivo e dopo la pubblicazione nel registro delle imprese e la comunicazione alle parti costituite, è soggetto a reclamo dinanzi alla Corte di Appello nei successivi 30 giorni, il cui decreto è ricorribile in Cassazione entro 30 giorni dalla sua comunicazione.
Per la fase di liquidazione post omologa, il Tribunale nomina un liquidatore, il quale è soggetto alle disposizioni di cui all’art. 182 l. fall. (che regolano la liquidazione in materia di concordato preventivo). Se il piano di liquidazione prevede un’offerta da parte di un soggetto già individuato, considerando il trasferimento in suo favore di uno o più rami di azienda o di beni specifici, il liquidatore darà esecuzione all’offerta pervenuta, una volta verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato. Lo stesso farà l’ausiliario (previa autorizzazione del Tribunale), se il piano prevede che l’offerta debba essere accettata prima della omologazione (e quindi prima della nomina del liquidatore). Si tratta di una modalità “acceleratoria”, dettata dall’impellenza di mettere al sicuro i rami/beni in un contesto di crisi.
Nella novella del concordato liquidatorio semplificato non vi è nessun richiamo all’art. 182 ter, l. fall., relativo alla transazione fiscale e contributiva (la c.d. “falcidia dell’i.v.a.”). Questo, in quanto la proceduta non prevede alcun voto da parte dei creditori, con il risultato che appare del tutto normale escludere la formulazione della proposta di transazione fiscale, trattandosi di uno strumento attraverso il quale il contribuente/debitore provoca l’adesione del Fisco e degli Enti Previdenziali alla propria proposta di trattamento dei crediti tributari e retributivi. Ciò non significa, tuttavia, che tali crediti non possano essere falcidiati e/o dilazionati, potendosi ottenere tale effetto inserendolo nella proposta formulata con l’istanza di omologazione (e nel piano liquidatorio), nel dovuto rispetto dell’ordine delle cause di prelazione.
Anche in siffatto tipo di procedura, i comportamenti fraudolenti posti in essere dal debitore non restano privi di conseguenze ed infatti, l’art. 18, comma 8, del D.L. n. 118/2021, richiama agli artt. 173 e 236, l. fall. – in tema di occultamento e dissimulazione di crediti, nonché di simulazione di crediti, in tutto o in parte inesistenti – consentendo così l’applicazione delle medesime sanzioni penali previste per le imprese ammesse alla procedura di concordato preventivo.
Studio WMR
Avv. Giulia Pianca