Milano

Il contagio da Coronavirus colpisce anche i contratti

Di avv. Wolfango Maria Ruosi

Questo articolo è stato pubblicato dalla rivista Wealth Management.
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In questi giorni alta è la preoccupazione per coloro che hanno l’ulteriore problema di portare a termine i contratti, mantenendo gli impegni.

 In questi casi, quando si richiedono risposte immediate e per un campione vastissimo di situazioni, bisogna trattenersi dal dare soluzioni valide ed esaustive per tutti. Il rischio è di dare risposte affrettate. E’ meglio trattenere l’istinto e dire il meno possibile, per non dare informazioni confuse, inutili, se non addirittura dannose.

Se la domanda è: cosa succede se non riesco a mantenere fede al contratto? La risposta è rinvenibile nella legge o nelle clausole del contratto e, spesso, in entrambe, poiché interagiscono.

In questa sede, bisogna limitarsi a richiamare i riferimenti di base, dare le linee guida e lasciare che ciascuno approfondisca nei modi più opportuni e con i consulenti di fiducia.

 Il principio generale è rinvenibile nell’antico brocardo: ad impossibilia nemo tenetur. La formula è utilizzata per esprimere il principio in base al quale l’obbligato è tenuto a compiere una prestazione possibile (fisicamente o giuridicamente).

Quindi, il problema è vedere se gli eventi “pandemicamente” noti, possano giustificare l’inadempimento (totale o parziale, definitivo o temporaneo), in modo da evitare la responsabilità del debitore (inteso in colui che deve rendere la prestazione), sia sotto l’aspetto del risarcimento del danno, del pagamento delle penali, della risoluzione colpevole del contratto.

La negoziazione di un accordo, se fosse possibile, potrebbe rappresentare la soluzione più rapida ed economica per tutte le parti contraenti anche in assenza di responsabilità.

 Distinguiamo tra il contratto tutto nazionale e il contratto internazionale.

Prima di tutto bisogna considerare la giurisdizione (luogo dove sarò costretto a litigare) e la legge applicabile.

Il nostro codice prevede alcuni casi particolari, che esimono da responsabilità il contraente inadempiente, o la limitano.

 

 Il risarcimento del danno non è dovuto, se il debitore prova che l’inadempimento o il ritardo sono stati determinati da impossibilità della prestazione, derivante da causa a lui non imputabile (art. 1218 cod. civ.). Ciò che si definisce comunemente come forza maggiore. Attenzione! Si parla di impossibilità, non difficoltà e deve essere assoluta e oggettiva. Il semplice peso economico della prestazione non può, comunque, costituire un caso di inesegibilità della prestazione.

Tuttavia, il peso economico può avere influenza nella risoluzione del contratto per eccessiva onerosità (art. 1467 cod. civ.). La risoluzione del contratto per inadempimento comporta generalmente il risarcimento del danno a carico della parte, che ha dato causa alla risoluzione, a meno che non siano intervenuti avvenimenti straordinari e imprevedibili, da valutarsi obiettivamente. Numerosi sono i criteri di valutazione, tra tutti: frequenza, dimensioni, intensità, ecc., purché siano criteri suscettibili di misurazione.

 Vi è un caso, in cui il contratto si estingue senza dover eseguire la prestazione. Siamo di fronte ad un inadempimento di necessità. Quando la prestazione diventa impossibile l’obbligazione si estingue, se la causa non è imputabile al debitore (art. 1256 cod. civ.). Devono ricorrere tre requisiti: l’impossibilità deve essere fisica o giuridica e sopravvenuta (successiva al contratto). Se è temporanea e non definitiva, il debitore non è responsabile per il ritardo. 

 Anche per lo specifico contratto di appalto, vi sono alcune deroghe, che riguardano l’aumento imprevedibile del costo dei materiali e della mano d’opera. Ciò che a noi interessa sono le difficoltà di esecuzione, che la norma ravvisa limitatamente in quelle geologiche, idriche e simili, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore. In tal caso, si ha diritto ad un equo compenso (art. 1664, secondo comma, cod. civ.). Per ciò che non è espressamente previsto, si può ricorrere (con dubbi giurisprudenziali) al richiamato art. 1467 cod. civ. sulla eccessiva onerosità sopravvenuta. Quando invece l’esecuzione dell’opera diventa impossibile, il contratto di appalto si scioglie, a condizione che la causa non sia imputabile ad alcuna delle parti. L’opera parzialmente eseguita va pagata nel limite che è utile per il committente (art. 1672 cod. civ.).

Come ulteriore spunto, segnalo anche l’inadempimento per stato di necessità (art. 2045 cod. civ.), applicabile anche alla responsabilità contrattuale, quanto alle cause di inesigibilità della prestazione.

Le penali contenute nei contratti non si applicano, quando la responsabilità del debitore è esclusa per impossibilità della prestazione non imputabile al debitore stesso.

Quanto precede riguarda la disciplina codicistica, che deve essere valutata, quanto alla sua applicabilità, in relazione ai singoli contratti, che la possono derogare, limitare, escludere. Quindi, per prima cosa, bisogna partire dalla lettura dei contratti.

Quando siamo di fronte a un contratto internazionale (intendendosi per tale un contratto ove una parte o la giurisdizione o la legge applicabile sono di un altro stato), tutto potrebbe cambiare.

In caso di vendita internazionale, soccorre la Convenzione di Vienna, che considera forza maggiore l’impedimento fuori dal controllo di una parte, non ragionevolmente prevedibile al momento della sottoscrizione del contratto, inevitabile e non superabile. Italia e Cina hanno entrambe ratificato, quindi la disciplina è comune.

Le cose cambiano quando il contratto è regolato dalla common law, che non riconosce la forza maggiore, a meno che non sia contrattualmente disciplinata. Il principio che regola i contratti “anglofoni”, è che tutto ciò che non è previsto, è escluso (per questo sono molto più lunghi dei nostri) e, quindi, bisogna ricercare in essi tutte le cause che consentano l’esclusione della responsabilità, che devono essere espresse. Al contrario, è più frequente che vengano inserite clausole che escludono le cause derivanti da scioperi, difficoltà negli approvvigionamenti dai fornitori, crisi delle materie prime, disfunzioni nei trasporti. Il contratto prevale sulle disposizioni di legge. Ma anche se non si rinvenisse nulla di ostativo, è ben difficile, anche per l’ordinamento di civil law, come è il nostro, che gli eventi, che rendano soltanto più difficoltosa la prestazione (e non anche impossibile), costituiscano cause di forza maggiore.

Sicuramente, la pandemia da Corona Virus non sarà espressamente considerata nei contratti (ricordiamoci di inserirla per il futuro). Quindi, è compito nostro verificare, caso per caso, se le restrizioni adottate dalle nostre Autorità, siano tali da giustificare l’esenzione da responsabilità per causa di forza maggiore. La difficoltà interpretativa deriva dal fatto che non è stato assunto alcun provvedimento, che ordinasse la sospensione delle attività per le imprese. In tal caso, l’inadempimento non sarebbe stato rimesso alla soggettività dell’imprenditore, ma al divieto per legge. Ciò avrebbe reso obiettivo l’inadempimento. In assenza, bisognerà dimostrare l’obiettiva impossibilità, caso per caso, contratto per contratto.

Ma sul punto, i Cinesi sono partiti prima e potrebbero aiutarci. Il Governo cinese (non ho verificato di persona) sta emettendo dei certificati di forza maggiore a favore delle imprese, per giustificare l’impossibilità di produrre o consegnare merci. Potrebbero essere utili anche per le nostre imprese, sia all’interno del nostro mercato, sia nei rapporti internazionali.

In ogni caso, se si pensa di non rispettare il contratto, è necessario comunicarlo immediatamente alla controparte, onde non incorrere in ulteriori responsabilità o pregiudicarsi la possibilità di avvalersi delle cause esimenti qui esaminate, ove applicabili.

Se si dovesse andare al conflitto, la giurisprudenza ha già trattato casi analoghi in passato a causa dell’epidemia della Sars, con risultati variabili da caso a caso Quindi, la generalizzazione non è possibile, se non con l’esame della singola fattispecie. Sicuramente, i precedenti, delle giurisdizioni ordinarie o arbitrali, aiutano comunque ad orientarsi.

Studio WMR