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Arriva il virus! Il Codice della crisi d’impresa si adegua

di Avv. Wolfango M. Ruosi

Il Decreto Legge 2 marzo 2020, n. 9, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in pari data, già in vigore, introduce alcune misure di sostegno alle imprese, tra cui una che, per ragioni professionali, più mi vede interessato.
Il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, che altro non è se non la Legge Fallimentare del ’42 rivisitata e armonizzata, ha introdotto, tra le altre, la novità delle procedure di allerta, tanto temute, forse a torto, forse a ragione, dai piccoli e medi imprenditori.


Il principio (comunitario) ispiratore ha come obiettivo, quello di garantire alle imprese sane in difficoltà finanziarie, di potersi ristrutturare in una fase precoce, in modo da avere una seconda opportunità. Il problema è verificare se tali novità normative concedano effettivamente la seconda opportunità e non siano, invece, “l’ascensore per l’inferno”. L’esperienza sul campo ci darà la risposta.
Ciò che per ora interessa è riassumere brevemente che cosa prevedono le procedure di allerta e che cosa ha disposto il recente provvedimento.
Per far si ché la crisi emerga ed emerga quanto prima, il Legislatore si affida agli organi di controllo endosocietari, estendendone l’obbligo di adozione, laddove già non vi siano e attribuendo loro il suddetto compito di segnalazione.
Si è in crisi quando emerge lo stato di squilibrio economico-finanziario, che rende probabile l’insolvenza del debitore, che si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate (leggasi, per lo più: pagamenti).


Gli organi tenuti alla segnalazione sono il collegio sindacale, o il sindaco unico, il revisore contabile, le società di revisione, ma anche i creditori pubblici qualificati, tra cui l’Agenzia delle Entrate, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e l’Agente della Riscossione.
La prima segnalazione è rivolta all’organo amministrativo societario, al revisore contabile o alla società di revisione, affinché il primo individui soluzioni e assuma iniziative, atte a superare la crisi. In caso di omessa o inadeguata risposta o di mancata adozione, senza indugio, i soggetti “sentinella” devono informare gli Organismi di Composizione della Crisi d’Impresa (OCRI). Al verificarsi di determinate condizioni, pari dovere di iniziativa è demandato anche all’Agenzia delle Entrate, all’INPS e all’Agente della Riscossione.


Da qui parte il procedimento di composizione assistita della crisi, con coinvolgimento di tutti i creditori. L’imprenditore sale in ascensore, ma non sa se salirà o scenderà.
Il Decreto n. 9 dello scorso 2 marzo, nell’art. 11, ha prorogato i termini degli obblighi di segnalazione, di cui sopra, al 15 febbraio 2021, posticipandoli di sei mesi. Rinvio che risultava già presente nel Decreto Correttivo al Codice della Crisi.


Sicuramente un respiro di sollievo per le PMI! Ma un dubbio si rafforza:

  • se il Decreto ha come finalità quella di sostenere le imprese in conseguenza dell’emergenza virus;
  • se il Codice della crisi ha come finalità quella di dare una seconda possibilità all’imprenditore onesto, ma sfortunato;
  • perché rinviare la parte, forse più innovativa, di tutta la riforma della obsoleta Legge Fallimentare, di altri sei mesi, arrivando, quindi, a 24 mesi dall’entrata in vigore?


Forse è lo stesso Legislatore che sulla reale efficacia dei principi ispiratori crede poco, pur avendoli fatti propri. Se lo scopo è di aiutare l’imprenditore, perché posticiparli in presenza di eventi tanto nefasti?

Non è questa la sede per esaminare tutte le conseguenze (peraltro facilmente ipotizzabili), successive alla segnalazione obbligatoria, sulla vita/sopravvivenza delle PMI, già in difficoltà in tempi normali, figuriamoci in una situazione di emergenza. Ritorneremo sull’argomento.

Mi piace concludere questo breve pensiero, auspicando una riflessione sull’opportunità degli strumenti di allerta, così come attualmente congegnati (e rinviati), in un sistema economico-imprenditoriale come quello tipicamente italiano.

Bisogna essere vicini alle imprese quando si mette mano a riforme legislative così delicate e penetranti, magari ascoltando chi le rappresenta e vive battagliando sul campo, affinché non ci si convinca, che non sia il virus il male peggiore da affrontare, poiché il virus (si spera) passa, ma le leggi restano e l’ascensore … scende.

Studio WMR